venerdì 24 maggio 2013

Il voto della capitale


Roma si appresta a scegliere il suo sindaco e la competizione sembra avere quattro veri pretendenti: il barese Gianni Alemanno, il genovese Ignazio Marino e i romani Alfio Marchini e Marcello De Vito. Ma andiamo per ordine. Il sindaco uscente ha un programma classico: uscita dalla crisi, rilancio dell’economia, fondo per il sostegno all’occupazione giovanile, aiuti alle start-up, equilibrio di bilancio, abolizione dell’IMU sulla prima casa ecc.: tanti buoni propositi, ma ci chiediamo come siano realizzabili in una città con un buco finanziario enorme che non permette nemmeno di aggiustare le strade, di intonacare le scuole e di pulire i tombini e le fogne. Inutile poi aggiungere che Alemanno è indubbiamente una sorta di mecenate per i suoi amici, avendo riempito le aziende municipalizzate di uomini a lui vicini.

Ignazio Marino, d’altra parte, è lo stereotipo perfetto del borghese medio che vuole salvare il mondo. Sconvolgente è stata la rivelazione del suo programma nei primi cento giorni di mandato: tra i primi punti c’è la pedonalizzazione di via dei Fori Imperiali. Praticamente il buon Marino ci sta dicendo che il principale problema della capitale sta nel permettere a biciclette, pedoni e chihuahua di poter passeggiare beatamente in mezzo alle rovine romane. Ancora una volta la sinistra ripropone l’orribile costume di trovare in Roma soltanto una vetrina per i turisti e per il proprio ego, relegando tutti gli altri problemi (quelli veri) a soluzioni da salotto, come la trasparenza degli atti, l’accessibilità al bilancio comunale, l’equità fiscale, un piano parcheggi e via dicendo.

L’outsider Alfio Marchini si presenta invece come l’imprenditore dal cuore d’oro, fondatore dello Shimon Peres Center for Peace. Il suo programma, impegnativo ed affascinante, riguarda la generazione di profitti dall’immondizia, l’attivazione di fondi UE per il trasporto, l’abolizione dell’IMU sulla prima casa, lo sviluppo di una politica per le fonti rinnovabili d’energia, l’agevolazione alla creazione di imprese giovani e via discorrendo. Anche qui troviamo molti punti in comune con i competitori ma nei fatti troviamo poche soluzioni alla tanto sbandierata rinascita di Roma. Infine c'è il grillino De Vito, quello col programma più denso di tutti, in linea con le stelle di Beppe Grillo su cementificazione, trasparenza, reddito minimo, green economy, tagli agli sprechi, e tutta quella serie di iniziative di cui il M5S si fa portatore ma che sinora poco hanno influito sulla politica nazionale.

È facile comprendere che i programmi degli aspiranti sindaci si somigliano parecchio: seppur con risibili differenze i quattro concorrenti se la giocano con le carte della trasparenza, dell’ecologia e dell’aiuto ai giovani (la periferia, quella fetta di territorio in cui vive più del 50% della popolazione romana, resta ancora una volta emarginata da qualsivoglia opzione politica). Di idee (banali) e di programmi (inflazionati) ce ne sono a bizzeffe. Ma i soldi ce l’abbiamo? All’elettore l’ardua sentenza.